Cima di Passo Cattivo

Per le Gole dell'Infernaccio e la valle del Tenna fino alle mitiche creste dei Sibillini ...


Reduci due giorni fa dalla lunga dorsale dello Scindarella dove siamo stati preda del meteo mutevole e delle forti raffiche di vento, siamo finalmente assecondati dalle previsioni che danno una bella giornata estiva con temperature oltre i 30°; la natura umana non è mai contenta e come si sa avere 30° durante le escursioni in montagna non è sempre cosa gradevole ma la voglia di uscire ancora c’era ed in barba agli sbalzi d’umore del meteo una nuova escursione s’aveva da fare. Una prima idea era per un ritorno sui luoghi amati, partenza dalla piana di Castelluccio per salire sul monte Argentella, ma si è infranta sulla probabile cappa di caldo che avremmo incontrato nella “steppa” di Castelluccio, non mi garbava l’idea di soffrire; occorreva contrastare la calura con una escursione “fresca”, la presenza dell’acqua avrebbe di certo contribuito nell’intento; acqua uguale ruscello, è stato tutt’uno associare quindi le Gole dell’Infernaccio all’idea di “fresco”. Ma le Gole dell’Infernaccio si associavano a pennello all’ultimo 2000 dei Sibillini che mancava alla collezione di Marina, in particolare a quella Cima di Passo Cattivo che si trova esattamente sulla testata della valle del Tenna. D’estate la Gola dell’Infernaccio è un classico, la forra ombrosa, l’acqua praticamente ovunque e sempre presente assicurano il fresco, di fatto è un “must” estivo. Avevo più volte provato ad organizzare questa escursione, una volta l’ho anche intrapresa ma si è infranta nel nebbione di fondo valle che impediva anche di sapere cosa c’era davanti al naso. La traversata della valle del Tenna dalle Gole dell’Infernaccio fino al Passo Cattivo; si stava riproponendo una bella occasione per poterla finalmente intraprendere. Al termine della giornata non si è propriamente svelata la scelta migliore; non ho propriamente tenuto conto della lunghezza della valle e soprattutto che la presenza dell’acqua è assicurata solamente fino a circa metà della valle, fino alle sorgenti del Tenna. Ne sono seguiti “improperi” e sfottò da parte delle compagne di viaggio, ma questa è la storia del dopo. Ci siamo dati appuntamento a Montemonaco con Giulia; Montemonaco ogni volta ti sorprende, è lì, sembra aspettare che la Sibilla gli crolli addosso, ha di fronte l’imbuto del Vettore; è un bellissimo paese di montagna e gode di una posizione e vista impareggiabili. Ogni volta è la stessa cosa, ti sorprende e capisci perché ti rimane nel cuore e lo ami. Ci trovo sempre anche un ottimo ciauscolo che non è cosa da poco e non fa mai male. Qualche curvone, molti segnali turistici e l’avvicinamento all’accesso alle gole è cosa di un quarto d’ora; per fortuna la sbarra impedisce alle auto di arrivare fin sotto la forra, d’estate è come ho detto una classica e nonostante non siano ancora le nove siamo costretti a parcheggiare lontano dall’accesso. L’associazione fresco=acqua=Gole dell’Infernaccio sembrerebbe sia stata compiuta da qualche centinaio di persone, forse molte di più vista la polverosa processione di auto che continua ad ammassarsi. Ci sbrighiamo nei preparativi, salutiamo la comitiva del Cai di Fermo, amici di Giulia, diretta alla valle Orteccia, praticamente una piccola variante della nostro tragitto e siamo davanti a molti; sapevo che la folla di escursionisti normalmente non va oltre il bivio col sentiero che sale all’eremo di San Leonardo, ma oltrepassare il regno dell’acqua e quelle magnifiche gole in solitudine è diverso che farlo tra schiamazzi e in fila indiana. Stavolta lungi dall’essere una giornata poco luminosa, via via che ci si avvicina alla forra è possibile distinguere il campanile dell’eremo di San Leonardo tra le foglie del bosco e soprattutto la rocciosa vetta della Sibilla che domina la valle; le “Pisciarelle” danno il benvenuto e ti spingono dentro la gola; ha inizio la favola delle Gole dell’Infernaccio. L’accesso è un saliscendi dentro la gola che si va lentamente stringendo; il Tenna è carico d’acqua, la solita acqua limpida e scosciante. Le opere idrauliche favoriscono un sentiero sul lato della Priora che denota però i segni del tempo o forse quelli della forza del fiume; il muretto che delimita il corso d’acqua è qua e la sospeso o crollato ma non impedisce ancora il buono stato del sentiero. Il Tenna scorre strisciando sulle rocce a picco della forra, praticamente sono le “radici” della Sibilla. Per un chilometro circa la forra si allarga e si stringe fino quasi a far toccare le due montagne; in un punto particolare, una sorta di galleria naturale, un arco, le pareti della Sibilla e della Priora sono così vicine che quasi basta allargare le braccia per toccarle. Siamo nel mezzo di quella che ho chiamato la favola delle Gole dell’Infernaccio. Più avanti la gola torna ad allargarsi, per un tratto ancora si avanza sulla destra del letto del fiume poi il sentiero si alza, la dove la valle si allarga ed il bosco si appropria del paesaggio. Il sentiero sale e scende più volte, torna al livello del fiume, su diversi ponticelli guada ripetutamente il corso d’acqua, ora è a destra ora a sinistra del fiume stesso e sopra, ora che la valle si allarga ancora, a dominare sono le falesie delle due montagne. Speroni di roccia ripidi, seminascosti nella boscaglia di un verde intenso incombono sul sentiero e sembrano scagliarsi verso l’alto favoriti anche da un cielo azzurro che li esalta. Magia delle cromie di una giornata speciale. Lentamente la valle continua ad allargarsi, un bosco basso lascia ora passare la luce mentre si è lasciato in basso e più lontano, il Tenna, che quasi non si sente più; sono passate poco più di 2 ore, cinque chilometri percorsi, quando arriviamo ad una rigogliosa fonte. Siamo nei pressi delle sorgenti del Tenna, la valle è ora larga, è bella la vista sulla stretta gola appena superata e sulle rocciose pendici della Priora; su quei roccioni, su quegli strapiombi ora erbosi ora rocciosi scorre il mitico sentiero delle capre, sconsigliabile a chi ha intenzione di mantenere la serenità d’animo. Verso la testa della valle il monte Cannafusto impedisce la visuale ed obbliga il sentiero, quella che dalle gole è già diventata una deturpata carrabile al servizio dei mezzi del consorzio dell’acquedotto, a sinuosi percorsi tra il bosco e ad alzarsi con frequenti svolte. Il sentiero taglia per fortuna frequentemente i tanti tornanti; segue le pendici del Cannafusto e fa guadagnare agevolmente quota. Un po’ di tagli e si riprende la strada sterrata quando la valle si allarga definitivamente; molto verde, ampia, dominata dalla piramide accuminata del Pizzo Berro e dalla lunga cresta che unisce la Priora al Berro e al Bove Sud. Sull’altro versante si apre la valle Orteccia, una valle laterale a quella del Tenna che si infila tra il monte Cannafusto e la nostra meta, Cima di Passo Cattivo. E davanti, in cima alla valle, il Passo che raggiungiamo non abbandonando più la strada, quando il sole a picco inizia a far sentire un caldo opprimente, quando sono appena passate quattro ore dall’inizio dell’escursione, dopo un paio, forse tre soste, nei pressi delle fonti e lungo i ruscelli della valle necessari per rinfrescarsi e dopo nove chilometri di percorso. Sul passo la sosta è lunga anche favorita da una ventilazione gradevole. Il graduale innalzamento della valle del Tenna fino al Passo Cattivo contrasta col versante opposto che scende ripidissimo verso Vallinfante. Un burrone profondissimo praticamente e la sella di Passo Cattivo se la guardi di profilo sembra ricordare una scomposta dentatura pronta ad azzannarti; che sia questa l’origine del toponimo? Mi piace pensarlo ma non prendetemi sul serio. Dopo un lungo riposo Marina toglie gli indugi e decide di andarsi a conquistare il suo centoquattordicesimo 2000. La salita verso la Cima di Passo Cattivo è ripida, il sentiero è purtroppo a vista e nelle condizioni di caldo di quel momento è un pessimo biglietto da visita ma ci vogliono solo quaranta minuti per averne ragione. La visuale è superba in tutte le direzioni; verso Castelluccio, a Sud domina la famosa piana e tutta la dorsale dal Porche al Redentore, la cima della Sibilla ad Ovest è da questo punto di osservazione una torre che svetta sulla lunga dorsale del Vallelunga. Ma è la cresta dal Bove alla Priora che regala forse la più imperiosa fotografia. Siamo nel cuore dei Sibillini. La sosta in vetta è breve, lunghissima ci sembra già la marcia di ritorno, anche perché nel frattempo ci siamo accordati per una variazione sul percorso di ritorno. Continuiamo verso Sud fino alla sella successiva, poche centinaia di metri oltre la vetta di Cima di Passo Cattivo; da qui senza sentiero, scegliendo le traiettorie meno ripide, di un versante a dire il vero abbastanza ripido, scendiamo dentro Valle Orteccia, un’alternativa che ci permette una variazione sul tema, che ci fa conoscere un pezzo di territorio in più e che ci permette in basso di guadagnare un pezzo d’ombra all’interno del bosco. La valle è abbastanza ripida, stretta tra le moli del Cannafusto e della Cima di Passo Cattivo che da quà dentro assume valore di vera montagna, ripida e strapiombante. Lunga quasi un paio di chilometri la parte alta della valle è dominata da pratoni e fioriture, quella centrale fin quasi allo sbocco sulla valle madre del Tenna da boschi di faggio. La fonte a fiotti intermittenti che ritroviamo alla fine di questa valle ci sembra un miraggio; incontriamo qui la comitiva del CAI di Fermo che percorrendo la valle Orteccia in salita è andata alla scoperta della cresta del Cannafusto. Il resto è lo stesso percorso di salita fatto a ritroso; la copiosa fonte alle sorgenti del Tenna è stata letteralmente presa d’assalto da tutti i componenti le comitive. Personalmente non ho mancato di approfittare di ogni guado del torrente per rifrescare bandane, cappello ed ogni indumento che potesse trattenere un po’ di fresco. Quasi tutto in discesa il resto del percorso; la gola che si stringe di nuovo e la canzone dell’acqua che ritorna a tenerci compagnia, finalmente l’ombra vera delle gole e la frescura della forra sono di conforto ma i chilometri iniziano a pesare; via via che ritorniamo la processione degli escursionisti di ritorno si intensifica, dopo l’incrocio col sentiero che scende dall’Eremo di San Leonardo si fa praticamente fila. Anche le vette più alte hanno prima o poi una fine e quindi anche questa escursione sottovalutata (direi che pigramente non l’ho soppesata a dovere) è vicina alla sua conclusione, ma mancano gli ultimi due chilometri, quelli più terribili, quelli che pagheresti per poterti far venire a prendere. Dall’uscita delle gole ci sono due terribili chilometri di strada polverosa, in costante salita, ormai prima di un benchè minimo interesse; la processione si fa penitenza e i commenti di Marina e Giulia si fanno simpaticamente sberleffi. Ed hanno ragione; alla faccia della passeggiata al fresco, si è “solamente” trattato di superare milleduecento metri di dislivello, per un totale di quasi venticinque chilometri, il tutto camminando per nove ore. Però, dai, la frescura dell’acqua non è mancata, la promessa l’ho mantenuta, no? Chi mi legge non me ne voglia se dislivelli, chilometri ed ore sono sempre stati espressi in corsivo; così facendo ho la speranza che quando saranno Marina e Giulia a leggere questo racconto, la musicalità del corsivo impedirà il tramutarsi dello sberleffo in rancore. A parte gli scherzi, l’escursione è lunga, ma deve essere prima o poi fatta; consiglio col bel tempo, non perché ci sia rischio di perdersi, (dove vuoi che si vada nel mezzo di quelle bastionate?), certo non in inverno dove il rischio di slavine dai ripidi versanti delle gole è grosso. Col bel tempo perché non si perda la sensazione di quel lento infilarsi nel cuore dei Sibillini; un modo diverso per approcciare queste montagne famose per le lunghe e sottili creste. Alla pari della valle Gardosa e del Lago di Pilato questa del Tenna è come una vena sottile che lentamente diventa arteria che dalla periferia bassa ti permette di raggiungere le ariose creste che danno fama a questo gruppo montuoso.